Professione disciplinata dalla Legge 14/01/2013 n.4



L’ entrata in vigore, il 29 agosto scorso, della L. 4 agosto 2017, n. 124 (cosiddetto Decreto Concorrenza) ha apportato notevoli innovazioni nella materia disciplinata dal Codice delle Assicurazioni. Una delle più rilevanti è quella introdotta dal comma 19 dell’ unico articolo, che ha riscritto il testo dell’ art. 139. Il legislatore è intervenuto sul tribolato tema della risarcibilità delle invalidità permanenti non strumentalmente accertate, che abbiamo già avuto modo di trattare più volte, sanando alcune carenze interpretative del precedente intervento del 2012.

Intendiamo in questa sede proporre una interpretazione del nuovo testo, comparando la formulazione precedente, articolata su due commi (3 ter e 3 quater dell’ art. 32 L. 27/12) a quella attuale, unificata nella riscrittura dell’ art. 139, comma secondo C.d.A.

Normativa abrogata

3 ter Al comma 2 dell’articolo 139 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità’, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente“;

3 quaterIl danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e’ risarcito solo a seguito di riscontro Medico Legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione”.

Novella

art. 139 (omissis) In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente. 

La definizione di “visivo”

Il primo dato che salta all’ occhio è l’ aggiunta della possibilità di pervenire ad un accertamento anche (solamente ?) “visivo” del danno in alternativa a quello “clinico strumentale obiettivo” di cui alla formulazione previgente. Assume quindi importanza cruciale circoscrivere il contenuto della espressione “visivo” che è chiaramente ripresa dalla precedente formulazione del comma 3 quater. Soccorre, in questo, la giurisprudenza consolidata in questi anni.

Secondo la Corte Costituzionale (ordinanza 242/15) con “visivo” si intende “accertato sulla base di dati conseguenti al rilievo medico-legale rispondente ad una corretta metodologia sanitaria”.

Secondo il Tribunale di Bologna (nell’ orientamento adesivo alle pronunce dell’ Alta Corte, di cui a sentenze 15 novembre 2016 n. 27657 febbraio 2017 n. 283) il danno è “visivamente accertato sulla base di dati conseguenti al rilevo medico legale rispondente ad una corretta metodologia sanitaria”.

Secondo la Legge Novellata l’ accertamento visivo ha ad oggetto le “lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni”.

In conclusione: visivo significa “clinicamente evidente” “accertato sulla base dei rilievi medico legali” “senza l’ ausilio di strumentazioni”: e questo sulla base degli stessi orientamenti interpretativi “restrittivi” sulla legge previgente, che ora quindi vengono a convergere con le interpretazioni “unitarie” non indegnamente rappresentate da numerose pronunce di merito (v. Tribunale di Padova e Tribunale di Rimini) ma specialmente dalla nota sentenza della Suprema Corte (v. sentenza 26 settembre 2016, n. 18773):

“esplicando entrambe le norme [3 ter e 3 quater] (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).”

“Come le cicatrici”

Si potrebbe obiettare, è vero, che il riferimento alle cicatrici (…“lesioni, quali le cicatrici”…) sia inteso a circoscrivere l’ accertamento clinico valido a ciò che è rilevabile con il solo senso della vista. Ovvero delle quattro manovre di cui consta l’ accertamento clinico (ispezione, palpazione, percussione e auscultazione) sarebbe passabile di risarcimento solo il danno permanente riscontrato con la prima, essendo quindi preclusi i danni rilevati ad esempio con la palpazione (come le contratture e, in parte, le limitazioni funzionali, obbiettività tipiche delle menomazioni cervico dorsali). Tuttavia, a parte la completa illogicità e irrazionalità di una tale interpretazione (cosa avrebbe la vista, in più, rispetto agli altri sensi?), bisogna dire che la lettera della norma soccorre, perché vi si enuncia espressamente che quello della cicatrice è solo un esempio, una specie di un genere più ampio, comprendente tutti i danni “oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni”.

Dobbiamo concluderne che la riforma sana il dissidio interpretativo originato dalle contraddizioni fra i due famosi commi, a favore della lettura da noi sempre sostenuta: la ratio legis della norma non consiste nel creare la categoria del danno (accertato ma) irrisarcibile, bensì nell’ escludere il risarcimento di ciò che danno non è, ovvero i pregiudizi soggettivi meramente riferiti, senza alcuna conferma obiettiva. Non vi è conclusivamente alcuna preclusione per risarcimento dei danni permanenti “clinicamente e visivamente ma non strumentalmente accertati”.

Verifica: insostenibilità della lettura “differenziata”

Prova indiretta a sostegno dell’ interpretazione proposta si può trarre anche dalla sopravvenuta insostenibilità della interpretazione “differenziata” della norma  su cui si basavano le pronunce della Corte Costituzionale nel nuovo contesto normativo. Secondo tale lettura (lo ricordiamo) il comma 3 ter, riferendosi al “danno biologico permanente” avrebbe precluso la liquidazione di tale danno senza l’ accertamento clinico strumentale obiettivo. Al contrario il comma successivo (3 quater), di manica per così dire “più larga”, relativo però alla sola invalidità temporanea, avrebbe in ogni caso permesso la liquidazione del danno anche solamente “visivo”.

Si presupponeva, insomma, l’ esistenza di due metodi accertativi diversi: uno per l’ invalidità permanente (“accertamento clinico strumentale obiettivo”) ed uno per la temporanea (“visivo o strumentale”). Tale divergenza non vi è più. E quindi volendo continuare a legare l’ accertamento “clinico strumentale obiettivo ovvero visivo” alla invalidità permanente, non si capisce su che base si dovrebbe accertare quella temporanea… forse su mere allegazioni riferite? Ma non si contravverrebbe così (in questo modo per davvero !) alle esigenze di cogente verifica della reale sussistenza del danno?

Dobbiamo concluderne che la riforma sana il dissidio interpretativo originato dalle contraddizioni fra i due famosi commi, a favore della lettura da noi sempre sostenuta: la ratio legis della norma non consiste nel creare la categoria del danno (accertato ma) irrisarcibile, bensì nell’ escludere il risarcimento di ciò che danno non è, ovvero i pregiudizi soggettivi meramente riferiti, senza alcuna conferma obiettiva. Non vi è quindi alcuna preclusione per risarcimento dei danni permanenti “clinicamente ma non strumentalmente accertati”.

Accertamento della “lesione” e della “menomazione”

Se si giunge a questa conclusione, a nostro avviso necessaria, passa in secondo piano il problema della natura dell’ accertamento strumentale, ovvero se esso debba avere ad oggetto la lesione o la menomazione. L’ inserimento nel comma 3 del novellato art. 139 del riferimento alla “menomazione” (parametro della liquidazione della personalizzazione) potrebbe far pensare che il legislatore abbia deciso di usare tale espressione con proprio significato medico legale. Questo ci condurrebbe a ritenere che l’ espressione “lesioni di lieve entità”… (che, nella lettura restrittiva del comma 2 dello stesso articolo, non avrebbero dato luogo a risarcimento del danno biologico permanente) siano da intendersi appunto come lesioni (secondo il senso tecnico medico legale dell’ espressione) e non come menomazioni.

Con la conseguenza che l’ eventuale accertamento strumentale (anche ove fosse considerato necessario) dovrebbe avere ad oggetto la lesione, e non la menomazione. Avendo io sostenuto tale tesi già in vigenza della (meno univoca) formulazione pregressa, non mi sognerò certo di confutarla ora. Tuttavia ribadisco che la novella consente una interpretazione più razionale della norma, tale da rendere del tutto inutile la produzione strumentale (ovviamente nei casi in cui non sia effettivamente necessaria ai fini della dimostrazione del danno).

Personalizzazione: sulla invalidità permanente o sull’ intero danno?

Sempre con riferimento all’ espressione “menomazione” di cui al comma 3, ovvero nel passo ove si accenna alla personalizzazione (ex morale) va infine osservato che essa non preclude affatto la maggiorazione (limitata dalla novella ad un quinto) sul danno temporaneo, al contrario. Gli esiti menomativi del trauma si producono quasi immediatamente, ed anzi proprio nei primi giorni sono di maggiore entità (ed è proprio all’ entità degli esiti menomativi che si fece riferimento qualche anno orsono, quando il dibattito medico legale pervenne alla sostanziale abolizione della “temporanea assoluta” nella valutazione delle lesioni di lieve entità). In seguito (al termine del recupero della lesione) le conseguenze menomative permangono, se pure attenuate. Quindi il riferimento alla “menomazione” lungi dall’ escludere la risarcibilità del danno morale sul danno biologico temporaneo, la rende (ove dimostrata, anche presuntivamente) quasi obbligatoria.

Sebbene, in conclusione, l’ intervento del legislatore presenti altrove criticità, che sarà opportuno esaminare in diversa sede, almeno su questo punto pare aver apportato elementi di chiarezza, mitigando l’ eccessivo rigore probatorio che alcuni interpreti avevano riscontrato nella precedente formulazione.

 Avv. Marco Bordoni del Foro di Bologna