Come è potuto succedere che negli ultimi 15 anni i livelli di tutela delle vittime della strada siano crollati, rendendo il risarcimento un far west in cui il danneggiato è trattato alla stregua di un pericolo sociale?
Semplice: le parti politiche che richiedono agli elettori deleghe affermando di voler difendere i più deboli, poi scrivono le leggi sotto dettatura dei più forti. E’ la storia del famoso “articolo 8” del decreto “Destinazione Italia” emersa dall’ inchiesta di Torino sulla acquisizione di Fonsai da parte del gruppo assicurativo bolognese, in cui sono riportati gli scambi fra lobbisti e direzione. Lo scopriamo leggendo su La Stampa del 14 luglio il pezzo “Come Unipol ha bloccato la riforma delle RC Auto. La conferma nelle intercettazioni”.
Molte le chicche: “Stefano, meno scrivi che sono i nostri emendamenti, meglio è”: è l’ SMS del Presidente di Unipol, Luigi Stefanini, al responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo di Bologna Stefano Genovese.
“Questa mattina abbiamo visto Yoram [Gutgeld, consigliere economico di Renzi, relatore della norma] e gli ho dato già una prima tornata di emendamenti, adesso stiamo finendo gli altri” scrive Genovese pochi giorni prima.
Non si parla solamente di clausole abusive per costringere i contraenti alla riparazione convenzionata, di sponsorizzazioni governative alle scatole nere e di divieto di cessioni del credito, ma anche di danni mortali. E’ il parlamentare PD Ernesto Carbone che fa la figura del passacarte nella narrazione di Genovese, che il 31 dicembre aggiorna Stefanini: “guarda, altre novità. Il PD ha ritirato un emendamento che invece gli avevamo fatto presentare sui danni mortali (…) un emendamento [ovviamente inteso a ridurre i risarcimenti spettanti ai parenti delle vittime] che avevamo fatto presentare a Carbone“.
Poi, però, scosso dalle convulsioni del governo Letta, il PD si spaccò sulle ultime votazioni, e alla fine l’ art. 8 (sostenuto anche dalla Senatrice Vicari, nel frattempo finita nei guai nel contesto di una inchiesta della Procura di Trapani) venne stralciato.
Un vero peccato, per una iniziativa che procedeva sotto i migliori auspici. Gutgeld, risulta dalle carte, ne avrebbe parlato addirittura con Renzi, che gli avrebbe detto: “Vai, e spacca i sassi!”. Cioè, fuor di metafora: spacca le vittime della strada.
Nulla di illecito, a quanto è dato capire. Nulla che gli addetti ai lavori non sapessero già (non ci sorprenderebbe certo scoprire una simile regia nei famosi emendamenti “spuntati” come funghi, nel giro di una notte, nel corso dell’ iter di approvazione al Decreto Concorrenza, oggi conosciuti come commi 3 ter e 3 quater della L. 27/12). Lo pensa anche il Presidente di ANEIS Giovanni Polato: “Nulla di illecito nel comportamento dei dirigenti di UNPOLSAI” è il suo pensiero “ed anzi perfettamente in linea con la tutela degli interessi dell’impresa di assicurazione per cui svolgono la propria attività lavorativa (e questo fa solo onore alla loro fedeltà ed al loro attaccamento aziendale). Ciò che è desolante è che certi parlamentari dimenticano che le leggi devono essere approvate per regolamentare e proteggere i diritti e gli interessi generali di tutti i cittadini, non di una sola parte di essi in danno di tutti gli altri. Auspichiamo che l’epoca delle “leggi ad personam” e delle “leggi ad aziendam” giunga al termine.”
Niente di penalmente rilevante, certo (almeno per quanto emerso fino ad ora). Fa una certa impressione, tuttavia, leggere nero su bianco i crudi retroscena. Così si fanno le leggi nel nostro Paese.
[Avv. Marco Bordoni del Foro di Bologna, testi estratti da articoli segnalati dall’ Avv. Massimo Perrini del Foro di Torino]