Professione disciplinata dalla Legge 14/01/2013 n.4



Micropermanenti: non c’è limite al peggio

patrizia_zivic

di Patrizia Ziviz

Gli effetti perniciosi determinati dalla sentenza n. 235/2014 della Corte costituzionale continuano a propagarsi nel tempo: i discutibili principi affermati in quella sede – al fine di riconoscere la legittimità del tetto invalicabile che al risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità pone l’art. 139 cod. ass. – vengono testualmente ripresi dalla Consulta, nell’ordinanza n. 242/2015, al fine di sancire la costituzionalità di indicazioni normative che giustificano una vera e propria franchigia, a favore delle assicurazioni.

Ad essere sottoposta al giudizio della Corte costituzionale era la legittimità di quelle indicazioni normative introdotte con l’art. 32 della l. 27/2012, che – da un lato – integrano il testo dell’art. 139 cod. ass., stabilendo che le lesioni di lieve entità non suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo non potranno dar luogo al risarcimento di un danno biologico permanente, e – dall’altro lato – affermano in un comma autonomo (con tecnica legislativa a dir poco discutibile) che il danno alla persona per lesioni di lieve entità è risarcito soltanto ove il riscontro medico legale sia in grado di accertare visivamente o strumentalmente la lesione.   Quest’ultima indicazione viene, quindi, a negare del tutto la risarcibilità di quei danni che possono essere oggetto soltanto di un giudizio medico di plausibilità ed attendibilità.

L’ordinanza in commento fa proprie le indicazioni che la sentenza n. 235/2015 – pur non essendo chiamata a pronunciarsi sul punto – aveva fornito in ordine a tali disposizioni normative. In particolare per quanto riguarda la necessità di procedere ad un accertamento di carattere visivo o strumentale, si afferma che “la limitazione imposta al correlativo accertamento (che sarebbe altrimenti sottoposto ad una discrezionalità eccessiva, con rischio di estensione a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati) è stata già ritenuta rispondente a criteri di ragionevolezza”. Ad essere proposto è, quindi, un bilanciamento che vede sacrificata in maniera radicale la risarcibilità di determinati danni alla persona, in quanto derivanti da lesioni non visivamente o strumentalmente accertabili, nel nome di una funzione solidaristica esercitata dalle compagnie assicuratrici, alla luce del loro concorso al Fondo di garanzia per le vittime della strada. Nel nome della sostenibilità economica, viene quindi considerata costituzionalmente legittima una norma in applicazione della quale tutti i danni alla salute discendenti da lesioni il cui accertamento appare rimesso alla discrezionalità del medico-legale risultano sottratti alla tutela risarcitoria.

A tale riguardo, non si tratta soltanto di ribadire le osservazioni, già formulate con riferimento alla sentenza n. 235/2014, secondo cui non può essere ritenuto affatto ragionevole un bilanciamento che sacrifica un interesse costituzionalmente protetto di carattere personale, quale il diritto all’integrità psico-fisica, a fronte di ragioni di carattere meramente economico. Nel caso di specie, si tratta di rilevare che di bilanciamento non può proprio parlarsi: a venire in gioco non è, infatti, una limitazione del risarcimento, ma una ben più radicale esclusione della tutela.

E’ ben evidente che un risultato del genere non può essere giustificato, come fa l’ordinanza in commento, attraverso un sommario richiamo dei principi affermati in seno al precedente del 2014. Qui a dover essere motivata è la legittimità di una norma la quale stabilisce che determinati danni alla persona non possono venir affatto risarciti. E la strada che avrebbe dovuto imboccare la Consulta –  al fine di individuare un’interpretazione costituzionalmente compatibile, per tale norma, alla luce dei dettami delle sentenze di San Martino – sarebbe stata quella, che non esitiamo a definire aberrante, volta a qualificare tali pregiudizi come danni bagatellari.

La questione di legittimità dell’art. 32, comma 3 quater, l. 27/2012 – norma che, in virtù dell’infelice formulazione, è rimasta per il momento ai margini del processo di revisione cui risultano attualmente sottoposti gli artt. 138 e 139 cod. ass. – rimane quindi aperta, e destinata ad essere riproposta in futuro alla Consulta: dalla quale ci si attende un deciso ritorno all’affermazione di quel principio personalista che sta alla base della nostra Carta fondamentale.

 

Segue Ordinanza 242/2015